intervista
di fernanda
lo giudice
il
silenzio è squarciato soltanto dal vociare scomposto di
gruppi di ragazzi che di tanto in tanto attraversano il
ghetto rapidi. il resto è immobilità e sospensione. il
fazzoletto di strade che un tempo era il limite fisico oltre
il quale la comunità ebraica di bologna era costretta a
spendere la propria tormentata esistenza oggi è un
magnifico ricettacolo di gallerie d’arte e di abitazioni
che hanno conservato lascive il sapore di un tempo.
dalla cucina della casa/ufficio della microcosmo arriva
chiaro l’odore di un caffè fatto con la moka; antonio
grida “quanto zucchero?”, gli rispondo, a tono, “mezzo
cucchiaino”.
l’ufficio stampa della microcosmo è anche un ottimo
coffee maker (ricordatevelo quando vi troverete a far visita
a questi ragazzi) e una piacevole compagnia: mi racconta,
infatti, mille cose, tra cui come lo spirito di questo luogo
storico sia speculare a quello della loro label, silenziosa,
old style per certi versi, e comunque aristocratica, algida
ed affascinante.
mi viene naturale quindi provare a fare un accostamento tra
i dischi ed i libri colorati che vedo sparsi sulla libreria
di fronte a me, e quello che è il manifesto della
microcosmo, ma credo sia più giusto chiederlo ad uno dei
tre diretti interessati; la risposta è questa: “prendi
kundera, prendi caetano veloso, prendi tenco, prendi
yehoshua, prendi simon&garfunkel; mischiali insieme, il
risultato è lo stile verso il quale istintivamente
propendiamo. il segreto è che in qualche modo non facciamo
sul serio. però in realtà facciamo molto sul serio”
(sorride, ndr.).
intanto il tempo passa amico, allentato da questa pigra
mattinata autunnale, e in questo tangibile relax mi accorgo
appena che dalla porta d’ingresso fa capolino un ragazzo
che probabilmente deve domandarsi chi io fossi. ad ogni modo
mi sorride con cortesia e si presenta.
il marketing man della microcosmo ha le mani leggermente
fredde. e un bel sorriso; ricordatevelo quando vi troverete
a far visita a questi ragazzi.
il nuovo arrivato si siede. si versa del caffè; ne prendo
un altro po’ anch’io.
cerco una sigaretta e chiedo “fumi fabio?”
“fumare… non proprio, mi concedo di tanto in tanto un
sigaro; sai, uno di quelli aromatici, profumati.”
“sicché tutti virtuosi questi giovani” ipotizzo
sorridendo.
“siamo buoni partiti, in effetti”, interviene antonio.
“vizi?”
fabio chiosa: “le donne sono una debolezza irrinunciabile,
un vizio imperdonabile.”
'anche stavolta la categoria è salva' penso.
e incalzo "ma la musica sopravvive ad una donna o una
donna sopravvive alla musica?"
e fabio ancora "non lo so dire; so soltanto che
quindic'anni fa ho iniziato a suonare la batteria, e ora mi
trovo ancora qui, dopo apnee più o meno lunghe, ancora a
discutere di timing, loop e drummers."
'la categoria stavolta accetterà onorevolmente la
sconfitta' penso.
ho fame, credo che andrò a mangiare immediatamente, dopo
questa chiacchierata. ma i conti non tornano, manca qualcuno
all'appello. manca joe.
ma la buona sorte decide di giocare nella mia squadra, e
proprio sulla porta mi imbatto in un tizio dal fare
distratto. lo riconosco. l'a&r della microcosmo ha
un'aria un po' distaccata, ma non lo fa apposta;
ricordatevelo quando vi troverete a far visita a questi
ragazzi.
li, a bruciapelo, sulla porta appunto, come se dovesse
sapere di cosa abbiamo parlato fino ad ora con i suoi soci,
gli chiedo: “joe, come mai la necessità di un’etichetta
nuova?”
ci pensa un po’ su, poi mi guarda e dice: "vedi cara,
la discografia si muove verso necessità sempre più
singolari e sfaccettate, che spesso soddisfano nicchie
sempre più piccole. è il bello ed il brutto di questi
tempi. ma a noi piace. personalmente non mi sono mai
arricchito con questo mestiere, e allora ho sempre preteso
almeno di fare quello che desideravo; poiché ufficialmente
nei dischi che ho fatto o prodotto in passato non mettevo io
i soldi (nella realtà dei fatti, le cose poi a volte
andavano diversamente) non potevo rivendicare una libertà
al 100%. per me adesso le priorità sono cambiate, voglio
stare bene, e voglio star bene tra persone con le quali sto
bene.”
ha senso. mi piace.
e mi tuffo per strada che il sole mi bacia la testa.
bologna, 20 ottobre 2003
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